- Ca' da Noal e reparto israelitico del cimitero di Treviso
- Luogo: Treviso - Veneto
- Descrizione:
Le più antiche testimonianze epigrafiche della città sono conservate nello storico edificio Ca’ da Noal che costituisce, insieme alle adiacenti Casa Robegan e Casa Karwath, il complesso ospitante il lapidario dei Musei Civici di Treviso. Il deposito ospita 25 frammenti di lapidi ebraiche che furono rinvenuti nel 1880 durante alcuni lavori di riassetto urbano. Le stele, alcune delle quali poco danneggiate e in buone condizioni, risalgono al XV secolo e rappresentano le sole superstiti dell’antico cimitero ebraico di Treviso, in uso dalla Comunità cittadina fin dal XIV secolo e oggi scomparso.
Un nucleo più cospicuo di epigrafi ebraiche trevigiane è quello contemporaneo visibile nel reparto israelitico del vasto cimitero comunale di San Lazzaro. In questo terreno le sepolture ebraiche iniziarono nella seconda metà del XIX secolo e proseguono tuttora.
Nel centro città, nello specifico all’inizio di via Portico Oscuro, si possono osservare due cardini in pietra, a sinistra e a destra dell’imbocco stradale. Secondo le fonti documentarie le abitazioni ebraiche del XV secolo si trovavano in quella zona ed è quindi probabile che durante il secolo successivo in tali vicoli delimitati dal canale venne anche istituito il ghetto. I due cardini presentanti un foro centrale fungevano pertanto da elementi stabili su cui poter fissare i battenti di un massiccio portone d’accesso in ferro.
- Bibliografia:
– A. Morpurgo, Il cimitero ebraico in Italia, Quodlibet, Macerata 2012, p. 202.
– N. Pavoncello, Le epigrafi dell’antico cimitero ebraico di Treviso, in «La Rassegna Mensile di Israel» XXXIV/4 (1968), pp. 221-232.
Schede correlate:
- Cimitero ebraico di Conegliano
- Cimitero ebraico di Vittorio Veneto – Ceneda
- Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli
- Loggia Comunale di Asolo
- Cimitero di Giavera del Montello
- Cimitero ebraico di San Daniele del Friuli
- Cimitero ebraico di San Vito al Tagliamento
- Cimitero di Tezze di Piave
- Reparto israelitico del cimitero di Udine
In lingua ebraica il termine “cimitero” può essere espresso in svariati modi: Bet ha-Chayyim (casa della vita o casa dei viventi), Bet ha-‘Olam (casa dell’eternità), nella forma yiddish Gut Ort (buon posto) e nel più semplice Bet ha-Qevarot (casa delle sepolture).
Lo spazio cimiteriale è considerato essenziale per qualsiasi insediamento ebraico: lo si ritrova quasi sempre all’interno delle condotte cittadine in cui, insieme ad alcune concessioni, si forniva l’autorizzazione a prendere in affitto o acquistare un appezzamento di terreno da adibire a luogo di inumazione. Il diritto ad una buona sepoltura si concretizzava così in uno spazio collocato solitamente extra muros, fuori dagli antichi confini cittadini, in terre incolte e prive di recinzioni. Solo alcuni però dei numerosi cimiteri ebraici istituiti in Italia tra il Medioevo e l’Età Moderna sono giunti fino ad oggi: se ne calcolano attualmente più di cento, una cifra che tiene conto dei terreni autonomi, delle singole sezioni separate, di quelli in funzione e in stato di abbandono.
Ad un’analisi attenta il cimitero ebraico può essere visto, oltre che come esclusivo luogo della memoria, anche come un ben più complesso e ricco contenitore di informazioni di diversa natura. L’ubicazione, la storia e l’espansione di un terreno sepolcrale sono elementi che rispecchiano l’evoluzione della Comunità ebraica che ne ha usufruito nel corso del tempo. Un prezioso strumento di studio è rappresentato dalle pietre sepolcrali, particolari beni in cui convivono un aspetto estetico ed uno contenutistico.
Essendo primariamente dei manufatti, le matzevot sono correlate a un contesto geografico di produzione ben preciso, pertanto le loro forme – centinata semplice, cuspidata, ogivale, a edicola, a lastra tombale, a sarcofago, a cippo – e le loro decorazioni – a motivi geometrici o perlopiù fitomorfi – sono influenzate maggiormente, più che da un gusto estetico personale o familiare, dalle tendenze artistiche in voga nel periodo in cui esse furono prodotte. Il tutto era senza dubbio subordinato al tenore sociale e alla disponibilità economica del committente. Le più pregevoli possono inoltre contenere, solitamente in alto al centro, lo stemma gentilizio della famiglia di appartenenza, un ulteriore carattere che conferisce alla lapide ebraica una piena dignità artistica.
Elemento imprescindibile della stele funeraria è l’epitaffio. Il testo inciso infatti, oltre ad un indubbio valore letterario, costituito dall’epigrafe contenente spesso citazioni bibliche, elaborate abbreviazioni, contorti acronimi, brevi narrazioni sulla morte del defunto, e poemi che ne esaltavano i pregi ritmati in schemi metrici ed eleganti rime, possiede anche un’intrinseca ricchezza documentaria. Affiancata ad una sezione in poesia, dove la voce narrante può essere impersonata da tre diversi attori – la lapide, il morto o un esterno –, vi è la parte in prosa, in cui l’autore dell’epitaffio declina le generalità del trapassato. Ciò può fornire quindi un valido supporto a indagini sociali, demografiche, prosopografiche, culturali e storiche riguardanti il defunto stesso, il suo nucleo familiare o la Comunità di origine e di appartenenza.