- Reparto israelitico del cimitero di Udine
- Luogo: Udine - Friuli-Venezia Giulia
- Descrizione:
Le lapidi ebraiche udinesi sono conservate nel reparto israelitico del cimitero comunale di San Vito, un’area sepolcrale tuttora in uso. L’originario terreno di inumazione ebraico di Udine fu istituito nel 1405 ma si cessò di utilizzarlo nei primi decenni del XVIII secolo e poi lo si vendette a dei cittadini cristiani nella prima metà del XIX secolo. Le sepolture degli ebrei friulani, che da tempo si eseguivano nel cimitero ebraico di San Daniele, poterono ricominciare a Udine solo grazie ad una petizione avanzata nel 1849 da un gruppo di capifamiglia ebrei della città. Istituire un’area israelitica esterna al nuovo cimitero municipale avrebbe risolto lo spiacevole e ricorrente problema della traslazione delle salme a San Daniele, un’operazione complessa e dispendiosa. Il Consiglio comunale accolse la richiesta e il reparto israelitico prese avvio, grazie all’intervento finanziario della famiglia Heimann, nel 1850, con l’apposizione della prima lapide dedicata ad Anselmo Sacerdoti, oggi perduta. Nonostante il terreno udinese abbia dovuto affrontare nel corso dei decenni alcune difficoltà, tra cui il sovraffollamento delle sepolture, numerosi atti di vandalismo e l’indisponibilità di personale alla gestione del sito, è riuscito a preservarsi grazie anche alla Comunità ebraica di Trieste, impegnata alla sua tutela e cura dal secondo dopoguerra.
- Bibliografia:
– P.C. Ioly Zorattini, M. Perani, A. Spagnuolo (curr.), I cimiteri ebraici del Friuli. Cividale, Udine, San Daniele, San Vito al Tagliamento, Corpus Epitaphiorum Hebraicorum Italiae, 6, Giuntina-Deputazione di Storia Patria per il Friuli, Firenze 2018.
– A. Morpurgo, Il cimitero ebraico in Italia, Quodlibet, Macerata 2012, p. 207.
Schede correlate:
- Loggia Comunale di Asolo
- Cimitero ebraico di Conegliano
- Cimitero di Giavera del Montello
- Cimitero di Tezze di Piave
- Ca’ da Noal e reparto israelitico del cimitero di Treviso
- Cimitero ebraico di Vittorio Veneto – Ceneda
- Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli
- Cimitero ebraico di San Daniele del Friuli
- Cimitero ebraico di San Vito al Tagliamento
In lingua ebraica il termine “cimitero” può essere espresso in svariati modi: Bet ha-Chayyim (casa della vita o casa dei viventi), Bet ha-‘Olam (casa dell’eternità), nella forma yiddish Gut Ort (buon posto) e nel più semplice Bet ha-Qevarot (casa delle sepolture).
Lo spazio cimiteriale è considerato essenziale per qualsiasi insediamento ebraico: lo si ritrova quasi sempre all’interno delle condotte cittadine in cui, insieme ad alcune concessioni, si forniva l’autorizzazione a prendere in affitto o acquistare un appezzamento di terreno da adibire a luogo di inumazione. Il diritto ad una buona sepoltura si concretizzava così in uno spazio collocato solitamente extra muros, fuori dagli antichi confini cittadini, in terre incolte e prive di recinzioni. Solo alcuni però dei numerosi cimiteri ebraici istituiti in Italia tra il Medioevo e l’Età Moderna sono giunti fino ad oggi: se ne calcolano attualmente più di cento, una cifra che tiene conto dei terreni autonomi, delle singole sezioni separate, di quelli in funzione e in stato di abbandono.
Ad un’analisi attenta il cimitero ebraico può essere visto, oltre che come esclusivo luogo della memoria, anche come un ben più complesso e ricco contenitore di informazioni di diversa natura. L’ubicazione, la storia e l’espansione di un terreno sepolcrale sono elementi che rispecchiano l’evoluzione della Comunità ebraica che ne ha usufruito nel corso del tempo. Un prezioso strumento di studio è rappresentato dalle pietre sepolcrali, particolari beni in cui convivono un aspetto estetico ed uno contenutistico.
Essendo primariamente dei manufatti, le matzevot sono correlate a un contesto geografico di produzione ben preciso, pertanto le loro forme – centinata semplice, cuspidata, ogivale, a edicola, a lastra tombale, a sarcofago, a cippo – e le loro decorazioni – a motivi geometrici o perlopiù fitomorfi – sono influenzate maggiormente, più che da un gusto estetico personale o familiare, dalle tendenze artistiche in voga nel periodo in cui esse furono prodotte. Il tutto era senza dubbio subordinato al tenore sociale e alla disponibilità economica del committente. Le più pregevoli possono inoltre contenere, solitamente in alto al centro, lo stemma gentilizio della famiglia di appartenenza, un ulteriore carattere che conferisce alla lapide ebraica una piena dignità artistica.
Elemento imprescindibile della stele funeraria è l’epitaffio. Il testo inciso infatti, oltre ad un indubbio valore letterario, costituito dall’epigrafe contenente spesso citazioni bibliche, elaborate abbreviazioni, contorti acronimi, brevi narrazioni sulla morte del defunto, e poemi che ne esaltavano i pregi ritmati in schemi metrici ed eleganti rime, possiede anche un’intrinseca ricchezza documentaria. Affiancata ad una sezione in poesia, dove la voce narrante può essere impersonata da tre diversi attori – la lapide, il morto o un esterno –, vi è la parte in prosa, in cui l’autore dell’epitaffio declina le generalità del trapassato. Ciò può fornire quindi un valido supporto a indagini sociali, demografiche, prosopografiche, culturali e storiche riguardanti il defunto stesso, il suo nucleo familiare o la Comunità di origine e di appartenenza.